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Latini Volsci Romani

storia
 Dionigi di Alicarnasso  (I secolo A.C.) in momenti diversi della sua vita descrisse la zona come “una distesa di terreni permanentemente paludosi” e in un’altra affermava che la pianura pontina era in una “ottima posizione”.





Questa constatazione fa sorgere spontaneamente la domanda: quando è iniziato l’impaludamento? Su questo punto la storia ci illumina assai poco. Plinio attribuisce il comparire della palude ad un fenomeno improvviso verificatosi nell’anno 314 A.C.. Nel 312 A.C. il censore Appio Claudio iniziò la costruzione di quella Via Appia che fu chiamata “regina viarum”, segnandone il tracciato in linea diretta su luoghi dove in tempi più vicini troviamo le paludi.
Nel 182 A.C. il console Publio Cornelio Cetego fece eseguire alcuni lavori di prosciugamento: quindi anche il graduale impaludamento della regione è avvenuto tra la censura di Appio Claudio ed il consolato di Cetego. Il primo disegno di restituire a nuova vita “le paludi Pontine” risale a Cesare, e ce ne danno notizia Plutarco come storico e Cicerone, allora nemico di Cesare, come critico, che pose quasi in ridicolo il dittatore per aver vagheggiato detta idea.
Se non ci è dato di conoscere il tempo preciso dell’attuazione della bonifica durante il regno di Teodorico (493-520), sappiamo da eventi successivi e testimonianze che nell’alto Medio Evo il terreno recuperato era già preda delle acque.
Giungiamo poi attraverso il tempo all’incoronazione di Carlo Magno in San Pietro e la donazione fatta alla Sede Apostolica di vasti domini fra i quali appunto quello delle “Paludi Pontine”. Da quest’epoca il territorio passa nelle mani dei pontefici romani.
Anche le notizie che ci riporta Tito Livio sono contrastanti allorché riferendosi al 405 A.C. affermano che nella zona esistevano già da tempo paludi, ma poi riferisce quanto segue: “si dice che in quel luogo (Agro Pontino) fiorissero un tempo 23 città”.

 I Latini erano quantomeno stanziati nell'attuale zona di Borgo Le Ferriere presso Satricum, nome però dato alla città dai Volsci che la sottomisero nel VI secolo a.C. , e preumibilmente prima dal nome Pometia. Qui vi era l'importante Tempio dedicato a Mater Matuta, dea del mattino e della maternità, che ha continuato ad essere frequentato e attivo sia durante la dominazione volsca che quella romana, era inoltre qui attivo un fiorente porto commerciale sulle rive del fiume Astura.
I Volsci, con un sistema di drenaggio a base di cunicoli rimasti celebri e forse insuperati, erano riusciti ad assicurare la disciplina delle acque per cui la zona divenne prosperosa e fertile (V VI secolo A.C.).
Questa constatazione fa sorgere spontaneamente la domanda: quando è iniziato l’impaludamento? Su questo punto la storia ci illumina assai poco. Plinio attribuisce il comparire della palude ad un fenomeno improvviso verificatosi nell’anno 314 A.C.. Nel 312 A.C. il censore Appio Claudio iniziò la costruzione di quella Via Appia che fu chiamata “regina viarum”, segnandone il tracciato in linea diretta su luoghi dove in tempi più vicini troviamo le paludi.
Nel 182 A.C. il console Publio Cornelio Cetego fece eseguire alcuni lavori di prosciugamento: quindi anche il graduale impaludamento della regione è avvenuto tra la censura di Appio Claudio ed il consolato di Cetego. Il primo disegno di restituire a nuova vita “le paludi Pontine” risale a Cesare, e ce ne danno notizia Plutarco come storico e Cicerone, allora nemico di Cesare, come critico, che pose quasi in ridicolo il dittatore per aver vagheggiato detta idea.
Augusto, Nerone, Domiziano, Nerva, Traiano affrontano ciascuno con maggiore o minore impegno il problema di risanamento della paludi, ma tutti con scarsi risultati. Doveva toccare ad un principe barbaro, Teodorico, riuscire a prosciugare le paludi e di ciò si hanno numerose notizie, le più autorevoli delle quali sono di Cassiodoro e di Procopio.
Se non ci è dato di conoscere il tempo preciso dell’attuazione della bonifica durante il regno di Teodorico (493-520), sappiamo da eventi successivi e testimonianze che nell’alto Medio Evo il terreno recuperato era già preda delle acque.
Giungiamo poi attraverso il tempo all’incoronazione di Carlo Magno in San Pietro e la donazione fatta alla Sede Apostolica di vasti domini fra i quali appunto quello delle “Paludi Pontine”. Da quest’epoca il territorio passa nelle mani dei pontefici romani.

  i Volsci
Antico popolo italico di origini indoeuropee, riconducibile alle genti osco-umbre il cui nome deriva dalla radice vols', ritrovabile già nel nome di due città etrusche: dei Volsini Veteres e dei Volsini Novi. Attraverso le valli appenniniche raggiunsero il mar Tirreno, dando luogo a due entità: Volsci Ecetrani (all'interno) e Volsci Anziati (lungo la costa tirrenica).

Nel V secolo a.C., la capitale del territorio dei dai Volsci era Antium (collocata nell'attuale area dei comuni di Anzio e Nettuno). Abitavano un'area parzialmente collinosa e parzialmente paludosa nel sud del Latium, limitata dagli Aurunci e dai Sanniti a sud, dagli Ernici ad est e all'incirca dalla linea che da Norba e Cora, a nord, andava ad Antium a sud. Oltre ad Antium, nel territorio volsco si trovava la città di Velitrae (Velletri).

Altri centri volschi erano Atina, Frùsino, Pometia, Satricum, Arpinum (la città di Cicerone), Arx fregellana, Sora, Anxur, Setia, Privernum, Fabrateria Vetus (Ceccano), Casinum (nata molto dopo e situata al confine tra il territorio volsco e aurunco).
Parlavano il Volsco, un linguaggio italico sabellico, imparentato all'Osco e all'Umbro, ma anche, più alla lontana, al Latino. Il documento linguistico più importante è un breve testo inciso su una accetta miniaturistica rinvenuta a Satricum, datata alla prima metà del V secolo.
Avversari di Roma per tutto il 5° sec. a.c. ,nel corso del 4° sec. dovettero fronteggiare anche la pressione dei Sanniti. Nel 338 a.C. vennero sconfitti dai Romani che presero Anzio e Terracina. Dopo la seconda guerra sannitica furono definitivamente assoggettati a Roma.
Antico popolo italico di origini indoeuropee, riconducibile alle genti osco-umbre il cui nome deriva dalla radice vols', ritrovabile già nel nome di due città etrusche: dei Volsini Veteres e dei Volsini Novi. Attraverso le valli appenniniche raggiunsero il mar Tirreno, dando luogo a due entità: Volsci Ecetrani (all'interno) e Volsci Anziati (lungo la costa tirrenica).

Nel V secolo a.C., la capitale del territorio dei dai Volsci era Antium (collocata nell'attuale area dei comuni di Anzio e Nettuno). Abitavano un'area parzialmente collinosa e parzialmente paludosa nel sud del Latium, limitata dagli Aurunci e dai Sanniti a sud, dagli Ernici ad est e all'incirca dalla linea che da Norba e Cora, a nord, andava ad Antium a sud. Oltre ad Antium, nel territorio volsco si trovava la città di Velitrae (Velletri).

Altri centri volschi erano Atina, Frùsino, Pometia, Satricum, Arpinum (la città di Cicerone), Arx fregellana, Sora, Anxur, Setia, Privernum, Fabrateria Vetus (Ceccano), Casinum (nata molto dopo e situata al confine tra il territorio volsco e aurunco).
Parlavano il Volsco, un linguaggio italico sabellico, imparentato all'Osco e all'Umbro, ma anche, più alla lontana, al Latino. Il documento linguistico più importante è un breve testo inciso su una accetta miniaturistica rinvenuta a Satricum, datata alla prima metà del V secolo.
Avversari di Roma per tutto il 5° sec. a.c. ,nel corso del 4° sec. dovettero fronteggiare anche la pressione dei Sanniti. Nel 338 a.C. vennero sconfitti dai Romani che presero Anzio e Terracina. Dopo la seconda guerra sannitica furono definitivamente assoggettati a Roma.

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